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Eye Movements Desensitization and Reprocessing E.M.D.R
Il movimento degli occhi come indicatore di specifici processi cognitivi è un argomento ben conosciuto e utilizzato dalla programmazione neurolinguistica (PNL). D’accordo con tale approccio, il movimento automatico e inconsapevole, spesso accompagna particolari processi di pensiero e indica l’accesso e l’uso di particolari sistemi di rappresentazione. La nozione che i movimenti degli occhi possano essere correlati alle rappresentazioni interne dei soggetti venne per la prima volta ipotizzata dallo psicologo americano William James nel suo libro Principi di psicologia (1890). Osservando che alcune forme di micro-movimento accompagnano sempre il pensiero, James scrisse:
...Sia che si pensi ad un’idea o ad una sensazione che appartenga ad una particolare sfera di senso, il movimento degli occhi è il regolarsi dell’organo di senso. Non riesco a pensare in termini visivi, o ad esempio, senza sentire un gioco fluttuante di pressione, convergenza, divergenza e accomodamento dei bulbi oculari. Quando tento di ricordare o di riflettere sul movimento in questione, sento una sorta di allontanamento dal mondo esterno. Per quanto io sappia queste sensazioni sono dovute al movimento dei bulbi oculari.
Ciò che James sta descrivendo è ciò che in NLP viene chiamato "visual eye-accessing cue" [gli occhi che si muovono in alto e a sinistra o destra nell’atto di visualizzare]. Le osservazioni di James non vennero riprese se non all’inizio degli anni ’70 quando psicologi come Kinsbourne (1972), Kocel (1972) and Galin & Ornstein (1974), iniziarono a mettere in relazione i movimenti laterali degli occhi con i processi dei diversi emisferi cerebrali. Osservarono che le persone destre tendevano spostare le loro teste ed i loro occhi verso destra durante i processi che coinvolgevano l’emisfero sinistro, e che spostavano le loro teste ed i loro occhi verso sinistra durante i processi in cui era coinvolto l’emisfero destro. Vale a dire le persone tendono a muovere gli occhi nella direzione opposta alla parte di cervello che stanno usando per completare il processo cognitivo.
Una ipotesi offerta da Bakan (1970) partiva dal presupposto che la direzione dei movimenti oculari laterali (LEM) costituiva un indice di asimmetria emisferica, con una maggiore attività cognitiva e psicologica nell’emisfero opposto alla direzione dei lem. Perciò persone classificate come right movers (destrimani) avrebbero mostrato un tipo di processo cognitivo nel quale dominava l’attività dell’emisfero sinistro mentre persone classificate come left movers (mancini) mostravano una maggiore attività nell’emisfero destro. I risultati dei suoi studi mostrarono che : i mancini erano più attenti ai sentimenti e all’esperienza di quanto non lo fossero i right movers; durante un’attività che coinvolge percezioni viscerali, i maschi left movers erano più abili nel cogliere i battiti del proprio cuore rispetto ai maschi destrimani; si riscontrava inoltre una tendenza al movimento verso sinistra stimolato dal ricordo di sogni sebbene questa relazione fosse più evidente per i maschi che per le femmine e i maschi left movers mostravano maggiore suscettibilità all’ipnosi rispetto ai maschi destrimani.
Inoltre a partire da studi precedenti sull’argomento (Ornestain, Galin, Kinsbourne, Kocel 1974), Baker (1989) notò, durante varie conversazioni, che in situazioni nelle quali le persone avevano girato la testa verso destra o sinistra per stabilire un contatto visivo con il proprio interlocutore e poi momentaneamente interrompevano la conversazione (apparentemente per formulare successivi commenti), frequentemente distoglievano lo sguardo dall’interlocutore e il movimento degli occhi era prevalentemente nella direzione opposta a quella del movimento della loro testa.
Baker, Ledner e coll.(1990) eseguirono uno studio sperimentale a partire dall’ipotesi che l’asimmetria del corpo influisce sulla direzione dei movimenti oculari iniziali dopo che a una persona è posta una domanda che richiede una riflessione. La condizione sperimentale prevedeva la partecipazione di 16 giovani adulti di cui nessuno mancino i quali non sapevano che il loro movimento degli occhi era sotto osservazione ma che dovevano rispondere a delle domande poste da uno sperimentatore riguardo uno studio sullo stile percettivo e la personalità. I partecipanti erano seduti per cui dovevano ruotare la testa di 68 gradi a destra o sinistra rispetto al loro corpo per riuscire a guardare in faccia lo sperimentatore. La rotazione della testa assicurava che essi fossero in una condizione di asimmetria. I risultati mostrarono che il tipo di asimmetria del corpo nel presente studio ha un effetto di controllo sulla direzione dei movimenti oculari.(Journal of General Psychology, Jan, 2004)
Agli inizi del 1976 Richard Bandler, John Grinder e coll. iniziarono ad esplorare la relazione tra il movimento degli occhi ed i differenti sensi così come i differenti processi cognitivi associati agli emisferi del cervello. Nel 1983 Robert Dilts condusse uno studio al Langley Porter Neuropsychiatric Institute di San Francisco, tentando di correlare il movimento degli occhi a particolari processi cognitivi e neurofisiologici. Dilts usò degli elettrodi per seguire sia il movimento degli occhi che le onde cerebrali dei soggetti che venivano intervistati. Le domande loro poste riguardavano i vari sensi e coinvolgevano processi di memoria (cervello destro) e costruzioni mentali (cervello sinistro). Ai soggetti venivano poste delle domande suddivise in otto gruppi. Ogni gruppo di domande riguardava un particolare tipo di processo cognitivo (visivo, uditivo, cenestetico ):
· Immagini ricordate: pensa al colore della prima macchina posseduta dalla tua famiglia. Pensa all’ultima volta che hai visto qualcuno correre.
· Costruzione visiva: riesci ad immaginare un cane di pezza che sta sulla testa di un ippopotamo blu?
· Suoni ricordati: riesci a pensare alla tua canzone preferita?
· Suoni costruiti: immagina il suono di un treno che muta nel suono un libro che si sfoglia.
· Dialogo interiore: prenditi un momento e pensa al suono della tua voce.
· Movimenti ricordati: immagina la sensazione della neve sulle tue mani.
· Movimento costruito: immagina la sensazione della pelliccia di un gatto che si trasforma in burro.
I risultati, confermati poi da esperimenti successivi, mostrarono che la laterizzazione del movimento degli occhi accompagnava l’attività cerebrale durante differenti processi cognitivi. Inoltre i movimenti si differenziavano a seconda del senso coinvolto. I risultati di questi studi, condotti su persone appartenenti a diverse culture e razze da tutto il mondo, è stato l’identificazione dei seguenti movimenti oculari. (Grinder, DeLozier and Bandler, 1977; Bandler and Grinder, 1979; Dilts,1983; Grinder, Bandler and DeLozier, 1980):
· Occhi in alto e a sinistra: processi visivi dell’emisfero non dominante, (ad esempio immagini ricordate)
· Occhi in alto e a destra: processi visivi dell’emisfero dominante, (ad esempio immagini costruite e fantasia visiva).
· Occhi a sinistra: Processi uditivi dell’emisfero non dominante (ad esempio ricordarsi suoni, parole, discriminazione dei toni).
· Occhi a destra: Processi uditivi dell’emisfero dominante (ad esempio ricordarsi canzoni e motivi, ninna nanna).
· Occhi in basso a sinistra: dialogo interiore o parlare con se stessi.
· Occhi in basso a destra: sentimenti sia tattili che viscerali.
· Occhi fissi in avanti ma defocalizzati o dilatati: veloce accesso a quasi tutte le informazioni sensoriali, usualmente prevalgono quelle visive.
Studi successivi (Loiselle, 1985, Buckner, Reese, Reese, 1987) hanno supportato l’idea che il movimento degli occhi rifletta ed influenzi i componenti cognitivi del pensiero. Molti mancini comunque tendono tuttavia a comportarsi in modo totalmente opposto. I movimenti oculari sono per la maggior parte speculari a quelli dei destrimani. Pertanto essi guardano in basso e a sinistra per i sentimenti, invece di guardare in basso a destra. Similarmente essi guardano in alto a destra per ricordare immagini visive, invece di guardare in basso a sinistra e così via. Un esiguo numero di persone (inclusi gli ambidestri), si comportano contrariamente alla norma solo in alcuni dei suddetti processi (ad esempio i movimenti visivi degli occhi).
È importante ricordare che molte persone hanno dei movimenti oculari abituali correlati alle loro modalità rappresentative primarie. Una persona altamente visiva può tendere a guardare in alto e a sinistra o destra, indipendentemente dalla modalità sensoriale coinvolta dalla domanda. Se le chiedi di pensare alla canzone preferita, la persona visualizzerà per esempio la copertina del CD in modo da ricordare il titolo della canzone. Una persona orientata cinesteticamente, guarderà in basso e tenterà di scoprire come si sente rispetto a determinate canzoni in modo da arrivare a quella preferita. È quindi importante chiedere alle persone ciò che effettivamente fanno nelle loro menti mentre stanno rispondendo alle domande in modo da spiegare in modo più accurato il movimento dei loro occhi. Quindi, il movimento degli occhi riflette la modalità sensoriale preferita. Se chiedi a qualcuno: Cos’è veramente importante per te?” Il posizionamento degli occhi dell’ interlocutore probabilmente dirà molto circa il sistema di rappresentazione di tale persona. Il movimento degli occhi può anche essere usato per determinare la veridicità o la congruenza delle asserzioni. Se una persona sta descrivendo un evento cui ha partecipato, solitamente i suoi occhi si muoveranno verso sinistra (se la persona è destra), poiché ciò indica il processo della memoria. Se la persona guarda in alto e a destra probabilmente sta costruendo o ricostruendo qualche aspetto dell’esperienza che sta descrivendo. Questo può altresì indicare che la persona potrebbe essere incerta o falsa. La più comune applicazione della posizione degli occhi in NLP, è la determinazione delle strategie di rappresentazione che una persona usa quando pensa o prende una decisione. Poiché molti dei processi di pensiero risultano essere inconsapevoli, il movimento spontaneo degli occhi potrebbe essere una parte importante per modellare le strategie interiori di una persona per quanto concerne l’apprendimento, la motivazione, la memoria e così via.
L’ Eye Movements Desensitization and Reprocessing (E.M.D.R): cenni storici
L’ Eye Movements Desensitization and Reprocessing (Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un tecnica psicoterapica creata dalla psicologa americana Francine Shapiro nel 1987. Chiamato inizialmente “EMD”, era originariamente concepito come strumento utile a persone con disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD) in quanto l’impiego di determinati movimenti oculari sembrava consentire un rapido ed efficace effetto decondizionante nei confronti delle memorie traumatiche presentate dai reduci di guerra e dalle vittime di stupro.
Successivamente questo metodo è stato via via affinato mutando il nome in “EMDR”nel momento in cui la Shapiro si è resa conto che l’utilizzo di questa metodica produceva molto più di una semplice desensibilizzazione, modificando profondamente la rete di informazione e ricordi connessa al trauma oggetto di intervento (Shapiro 1995). La Shapiro ha scoperto casualmente gli effetti dei movimenti oculari. Mentre passeggiava in un parco si accorse che, pensieri e ricordi disturbanti che l'affliggevano, sparivano o perdevano la loro carica emotiva quando eseguiva dei movimenti oculari. Intuendo i potenziali benefici che potevano derivare dall'applicazione deliberata di questo procedimento, iniziò con un gruppo di amici, colleghi e volontari la sua ricerca. Da allora sviluppò procedure sempre più elaborate che costituiscono l'attuale sistema terapeutico denominato EMDR.
L’EMDR si è trasformata nel tempo incorporando al suo interno spunti teorici ed applicativi provenienti da diversi paradigmi psicoterapeutici tra cui quello psicodinamico , rogersiano, comportamentale, allo scopo di potenziarne l’efficacia e la flessibilità e consentendo la sua applicabilità ben oltre l’originario ambito del PTSD. Infatti l’utilizzo dell’EMDR sembra mostrarsi efficace nel: Disturbo ossessivo compulsivo, Disturbi dell’alimentazione, disturbo di dimorfismo corporeo, Disturbi sessuali, Disturbi dissociativi,Disturbi di personalità, Attacchi di panico, Fobia sociale e specifica,Ansia generalizzata.
Il concetto di trauma in letteratura è estremamente confuso, una vera "parola ombrello" che incorpora considerazioni teoretiche e cliniche provenienti dalle più svariate origini.
Tale condizione di confusione teoretica è stata probabilmente inaugurata dallo stesso Freud, il quale ha cercato ripetutamente ma senza un esito soddisfacente di racchiudere all'interno di una stessa cornice concettuale 1) la reazione ad un trauma inteso come evento esterno che soverchia le capacità di difesa e di adattamento di un individuo e 2) il processo di difesa rivolto verso pulsioni inaccettabili.
In linea generale possiamo dire che una parte scientificamente rilevante delle teorie sui traumi presuppongano, spesso implicitamente, l'esistenza di una naturale tendenza dell'organismo umano ad integrare le informazioni provenienti dall'ambiente interno ed esterno per produrre un senso unitario e coeso di continuità fisica e psichica (Freud, 1922; Horowitz, 1986; Liotti, 1993; Sandberg, Lynn, Green, 1994). E' possibile pensare che, quando tale attività di integrazione viene significativamente ostacolata tanto che informazioni specifiche restano inassimilate o malamente assimilate a causa di meccanismi psicologici, neuropsicologici o biochimici, allora possiamo parlare dell'esistenza di un "trauma" se è possibile evidenziare un "significativo" disagio soggettivo o oggettivo in una delle principali aree di vita della persona.
In tale integrazione inefficace sono coinvolti molteplici sistemi di memoria (procedurale, episodica, semantica, per immagini sensoriali) e i meccanismi ipotizzati nella integrazione ostacolata sono i più diversi: evitamento, dissociazione, rimozione, repressione, alterazioni biochimiche e neurologiche, memoria stato-dipendente.
In realtà non si ha mai a che fare con traumi, ma solo con ricordi di traumi, il che implica che la psicoterapia ha come oggetto il ricordo del paziente, amalgama fra ciò che è stato codificato al momento dell'evento, le conoscenze all'interno delle quali l'evento è stato integrato, l'interpretazione del significato delle informazioni, le strategie ed il contesto del recupero, i precedenti accessi ai ricordi. Ogni ricordo, quindi, è una costruzione soggettiva e mai definitiva di fatti oggettivi a priori inconoscibili, e ciò apre e conduce inevitabilmente alla questione dei cosiddetti falsi ricordi (Pope, Brown, 1996, Hyman, Kleinknecht, 1999).
La diagnostica funzionale del cervello può adesso discriminare le vere dalle false memorie, poiché esse sono associate a differenti modelli di attività cerebrale, almeno in alcune situazioni. Daniel Schacter (1996) sottopose ai soggetti delle liste di parole, mentre si esaminava il loro flusso ematico cerebrale con la tomografia a emissione di positroni (PET). Il flusso ematico cerebrale, come rappresentato dalla PET, ha una buona correlazione con l'attività encefalica regionale. Schacter smascherò le false memorie dei soggetti esaminati. Quando si compara l'attività cerebrale regionale durante un ricordo vero o durante un ricordo falso, gli esaminatori trovano in entrambi i casi un aumento dell'attività nella regione dell'ippocampo sinistro, indicando che esso può partecipare sia alla configurazione della memoria falsa che della memoria vera. Questo può rendere conto del fatto che i ricordi falsi sembrano perfettamente reali alle persone che li hanno: essi sono "ricordati" dall'ippocampo proprio come i ricordi reali. Tuttavia soltanto le memorie vere sono associate a un aumento di attività della corteccia temporo-parietale sinistra, dove viene processata l'informazione verbale uditiva. Perciò, le memorie vere e le memorie false appaiono essere associate a schemi di attività neuronale differenti ma parzialmente sovrapposti.
Neurologia e biochimica di un evento traumatico
Esiste ormai una vasta e sufficientemente consolidata letteratura che conferma che in presenza di alcune situazioni traumatiche, specie se estreme e ripetute nel tempo (come lo stato di guerra e l'abuso sessuale intrafamiliare), si possano rilevare alterazioni neurologiche e biochimiche, la cui reale implicazione non è ancora pienamente compresa.
Molte ricerche testimoniano alterazioni nel volume dell'ippocampo destro in reduci di guerre, in donne soggette ad abusi sessuali prolungati nel tempo, in persone sottoposte ad abuso fisico e psicologico protratto (Van Der Kolk, et al., 1997; Bremner, 1998; Krystal, et al., 1998; Bremner et al., 1998).
Elevati livelli di stress traumatico per protratti periodi di tempo, infatti, possono causare un parziale o completo spegnimento dell'ippocampo e con esso uno spegnimento della formazione della memoria dichiarativa. Di conseguenza, eventi molto traumatici sono ricordati a pezzi, in modo incompleto o niente affatto. Al contrario l'amigdala, importante nella memorizzazione delle emozioni associate all’evento traumatico, non incombe in deficit di memorizzazione aumentando la sua attività. Alla base di tutto questo ci sarebbe un’elevata secrezione di cortisolo, un ormone stress- correlato. La liberazione sia di adrenalina che di cortisolo è mediata dalla stessa amigdala. Questi ormoni dello stress agiscono insieme per preparare l'organismo alla risposta di lotta o fuga in condizioni di necessità. Tuttavia negli ultimi venti anni è diventato sempre più chiaro che l'eccesso di cortisolo per lunghi periodi di tempo ha effetti di vasta portata sulla memoria. Alti livelli di cortisolo, come quelli presenti durante stress traumatico, hanno effetti opposti sull'amigdala e sull'ippocampo: come LeDoux (1996) ha dimostrato, il cortisolo aumenta l'attività nell'amigdala. Per contro, l'attività nell'ippocampo dapprima aumenta poi drammaticamente diminuisce all'aumentare dei livelli di cortisolo. Ciò porta a situazioni in cui la memoria esplicita di un evento traumatico è confusa o assente, ma la componente di memoria emozionale con tutti i sentimenti di paura e terrore associati si mantiene per tutta la vita, in attesa di riemergere appena si presenta l'occasione.
Da punto di vista neurologico alcuni dati indicano che anche la corteccia prefrontale, con funzione di supervisione nell'integrazione delle esperienze, controllo e di estinzione nei confronti dei ricordi di paura memorizzati dall'amigdala, possa andare incontro ad alterazioni in condizioni particolarmente stressanti (LeDoux, 1996; Levin, Lazrove, van der Kolk, 1999). Il corpo calloso è risultato di volume ridotto in alcuni reduci del Vietnam, in vittime di abuso sessuale protratto e in vittime di incuria.
Nonostante ci sia molto ancora da comprendere, un messaggio sta diventando molto chiaro: alcune esperienze traumatiche, in particolari condizioni pre e post-traumatiche, possono esitare in processi di memorizzazione anomali che tendono a non risolversi spontaneamente. Tali ricordi possono essere frammentati, non accessibili o parzialmente accessibili, connotati da memorie procedurali invalidanti, dolorose e difficilmente gestibili, intrinsecamente non verbali, probabilmente anche a causa di un relativo decremento funzionale dell'emisfero cerebrale sinistro durante il ricordo di gravi traumi
La psicoterapia ipnotica e l'Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR; Shapiro, 1995) sono due modalità di intervento che hanno dimostrato di essere altamente efficaci nel trattamento dei disturbi connessi ai traumi, soprattutto con popolazioni di pazienti normalmente resistenti a psicoterapie essenzialmente verbali come coloro che sono stati oggetto di violenze sessuali gravi e prolungate, i reduci da combattimenti bellici e soggetti esposti a catastrofi. Negli ultimi anni si sta producendo una sempre più vasta letteratura tesa alla verifica empirica degli effetti di differenti interventi psicoterapeutici sui disturbi post-traumatici. Come purtroppo avviene abitualmente, la globalità delle ricerche non è concorde, ma emerge una sostanziale direzione di dati che conferma la notevole efficacia sia dell'EMDR che della psicoterapia ipnotica, in diversi casi riconoscendo la superiorità di tali metodiche rispetto ad altre soprattutto nelle situazioni d’emergenza
fonti citate durante l'articolo
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